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Giovanni Bozzolo
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2013 Ischia
di eugenio velardi
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Promesse… da marinaio!

Sono passati, forse, solo venti giorni dal mio precedente resoconto, ed eccomi di nuovo qui, contrariamente ai miei buoni propositi, questa volta però per raccontarvi di piacevoli emozioni. Le stesse, più o meno, espresse da Bruno Richieri, con il quale, peraltro, ho anche iniziato questa intrigante avventura del nuoto master e del nuoto in acque libere.

Non potevo certo mancare al primo trofeo “Regno di Nettuno – nuota Forio”, all’isola di Ischia.

Come alcuni sapranno, ho una doppia (multipla?) identità.
Per nascita, educazione, generosità e sentimenti, partenopeo; per formazione, determinazione, ironia e miscredenza, parte… toscano. Ed anche la mia metà migliore è toscana. Con lei siamo entrati, credo, nelle leggende del nuoto di fondo master per molteplici, pittoreschi episodi. Uno per tutti, ad esempio, quando in una gara di 21 km in Sicilia, tanti anni fá, lei mi aspettava all’arrivo con i nostri figli, ed insieme a Maurizio Castagna ( che aveva già tagliato il traguardo da un paio d’ore) ed a Giovanni Trani (uno degli storici organizzatori di competizioni natatorie a Baratti – Piombino - Follonica e nel resto d’Italia, che molto mi è dispiaciuto non aver rivisto quest’anno perché dedito ad altre attività) con suo figlio. Molto preoccupata, ella, per le mie sorti, sia perché privo di barca appoggio, sia, soprattutto, perché il penultimo concorrente era arrivato da circa un’ora, finalmente mi identifica per il mio “inconfondibile stile”. Sul chi sia stato il primo a riconoscermi veramente, ci sono versioni contrastanti. Fatto stá che tutti concordarono e così Maurizio, quando l’ignaro bagnante ( che, naturalmente, come avrete capito, non ero io), giunto a pochi metri dall’arrivo, si voltò e tornò indietro, Maurizio, appunto, si rituffò, lo raggiunse e di forza lo rigirò, credendo, in assoluta buona fede, che io fossi definitivamente impazzito o, più benignamente, vittima di un “colpo di sole”. Accortosi, però, che non ero io, inveì anche contro il malcapitato sopravveduto; e quando infine, arrivai, dopo più di sette ore di fatica e sofferenza, privo, com’ero (sono?) di ogni cognizione spazio – temporale, non vi dico quante ne dovetti sentire....

Allora, così come non posso mancare alle gare nel Granducato, è sempre forte il richiamo a tornare anche nel regno borbonico.
Ed Ischia è indubbiamente un vero paradiso, un luogo dell’anima, connubio perfetto tra il caldo respiro della terra e le profondità coinvolgenti del mare.
Qui ho anche iniziato le mie gare in mare, quando si faceva il giro del castello aragonese, partendo, e tornando, dalla spiaggia dei pescatori. Peccato che non si sia potuto organizzare anche questa volta una traversata, ad esempio dalla spiaggia “la chiaia” di Forio alla incantevole baia di San Montano. Sabato, in un personale e solitario test, ho pienamente apprezzato tutta la magnificenza di questo tratto. Ed uno degli ulteriori vantaggi delle traversate, che non avevo ancora detto, è che non si può tagliare…

Il percorso, invece, previsto era di forma trapezoidale irregolare, con partenza ed arrivo dalla suddetta spiaggia “le chiaie”, da compiere in senso in senso antiorario, nella baia di Forio – San Francesco con 5 boe: due a metà lato lungo, due di virata ed una che permetteva l’ingresso nell’imbuto finale, con il traguardo a pochi metri e parallelo alla riva. Di fatto, da un mio sopralluogo prima della partenza, mi accorgevo che la boa a metà lato lungo del ritorno era sensibilmente spostata verso il largo, non in linea con la seconda di virata e con la gialla finale. Ne risultava, pertanto, più una figura a pentagono.
Certo le gare in Campania hanno un altro colore.

A parte l’entusiasmo, la passione e la competenza di Carlo Ferraioli, al quale mi lega una spontanea simpatia, per il resto c’è molto folclore. Al raduno per l’iscrizione non esiste fila indiana, d’altra parte loro (indiani) usano le frecce, qui sconosciute anche come indicatori di variazione di direzione nel traffico. Invece c’è qualcosa di indefinito, tra una chiocciola ed un’ammucchiata, con i soliti furbi che fingendo di intrattenere un brillante dialogo, si intrufolano saltando numerosi posti. Graziosa maglietta come gadget, e graziosa anche chi cortesemente la consegna.
Spiegazione virtuale del percorso, un su e giù per la spiaggia, per la gioia del pubblico e dei curiosi, nessun controllo dei partenti, e tutti in acqua.

Dove, però, aspettiamo almeno venti minuti che arrivi il giudice arbitro con la barca, si, la barca, perché non ne vedrò altre, a parte una canoa, che forse guiderà i nuotatori di testa. Nel frattempo, c’è chi vuol far l’americano… pur essendolo. Il mio coetaneo stelle e strisce ( ma di indubbie origini non anglosassoni, se è vero che è loro la patria della sportività, a meno che per sportività non si intenda solo il voler vincere e basta) staziona indifferente ad ogni richiamo circo 50 m davanti a tutti. Finalmente partiamo. Siamo circa 110. E’, così, al mio solito, mi tengo largo a sinistra. Trovo un buon gruppo, ed a parte qualche involontario, lieve ed inevitabile contatto, andiamo bene fino alle due boe di virata. “Due? Oddio, e la seconda dov’è? Sono arrivato un po’ lungo alla prima, tirando ancora dritto per 3-4 m, e quando mi sono deciso a girare a 90°, ho visto che la seconda boa veniva issata su di una grande barca a vela. Solo, inseguo tale barca, riesco, con gran fatica ed impegno, a girarci intorno e quando inizio il lungo lato del ritorno, non vedo nemmeno più in lontananza alcun elemento del gruppetto dell’andata.

Mi scoraggio notevolmente, anche per via del mare che, per l’ora pomeridiana, è salito. Ma devo comunque rientrare, non c’è assolutamente nessuno a cui chiedere aiuto. Per fortuna ho un ricco mondo interiore da cui trarre conforto. Ed ho anche, come riferimento, il torrione di Forio, che, edificato per avvistare i temuti “turchi”, mi consente, invece (proprio a me, dall’aspetto ottomano), di rimanere largo e raggiungere correttamente la boa di metà percorso, tenendola, come da regolamento, sulla mia sinistra. Disappannandomi più volte gli occhialini, noto, con profondo rammarico, che alcuni, invece, la hanno saltata, mantenendosi più vicini alla riva, ed accorciando così il percorso. Altri, numerosi, scoprirò poi, hanno fatto una sola boa di virata, non vedendo più la seconda. Un vero peccato. Posti così belli meriterebbero una organizzazione più attenta e controlli efficaci. Arrivo, quattro chiacchere, rinfresco, che personalmente salto, e premiazioni, con belle targhe in terracotta per i primi di ogni categoria, con la rappresentazione della singolare, caratteristica e celebre chiesa della Madonna del Soccorso (chi più indicata di Lei!).

Numerose assenze tra i premiati, a causa dei rientri improrogabili con aliscafi e traghetti. Tutto sommato, un’altra gran bella esperienza, da raccontare, anzi l’ho fatto “in diretta” scrivendola, tra la curiosità di molti e qualche spunto fornitomi da Mimmo Testa, durante l’attesa per le premiazioni.

Come volevasi dimostrare (così dicono i matematici e le matematiche!), non ho mantenuto le promesse fatte con il mio precedente resoconto. Ma se volete, la prossima volta approfondirò l’esposizione della mia personalità inglese: eleganza, self-control ed autoironia…

Buone nuotate ed a presto.

 
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